domenica 28 settembre 2014

I supereroi lasciamoli nei fumetti

Due domeniche fa, in piena ansia da "giorno prima del primo giorno della prima elementare del nostro primo figlio (seguirà, giusto il tempo di focalizzare meglio, specifico post sull'evento) così, tanto per stemperare l'ansia, abbiamo portato Matteo al pronto soccorso.
Il bimbo cresce in altezza e peso e, stavolta, il classico salto dal divano gli ha provocato un forte dolore al tallone destro. S'è subito capito che la cosa era degna di nota perché ha pianto, cosa che di solito non fa, anche quando prova dolore. Siamo subito intervenuti, papà camp ed io, col ghiaccio, abbiamo atteso circa mezz'ora ma il dolore non diminuiva e Matteo non riusciva a poggiare il peso sul piedino tanto da camminare in maniera sbilenca. Dunque abbiamo deciso di recarci al P.S. Siamo andati prima in quello dell'ospedale più vicino (per ora: si vocifera infatti di una sua chiusura) ma l'infermiera mi ha informato che le macchine per la radiografia erano rotte. Strano: tre sale radiografiche tutte inutilizzabili! Comunque dato che nel frattempo il dolore persisteva, ci siamo diretti all'ospedale del capoluogo. Siamo arrivati in P.S. alle 18.30 circa, ci ha accolto un'infermiera che ha aperto la cartella clinica invitandoci ad attendere nell'apposita sala. Così abbiamo fatto; debbo dire che Matteo è un bambino abbastanza paziente: ha iniziato a dare i primi segni di insofferenza solo alle 20.30, circa un'ora dopo rispetto al papà e alla mamma, i quali, anche in considerazione del fatto che ormai il bambino non sentiva più tanto dolore e aveva ripreso a camminare quasi normalmente, avevano deciso di aspettare al massimo sino alle 21.00. Invece, poco dopo ci hanno chiamato. Siamo entrati, il medico ha visitato il piccolo e ha valutato la probabile assenza di lesioni ossee ma ha tuttavia deciso per una radiografia, a suo dire, "dirimente". Ho accompagnato io Matteo in sala radiografia dove è stato accolto da un tecnico e un medico. Il medico ha visionato il piede quindi il tecnico lo ha invitato a sedersi sul lettino dell'apparecchio. Matteo ha eseguito ma rimaneva seduto quindi il tecnico l'ha apostrofato in maniera un po' rude invitandolo ad allungarsi. Allora con tono leggero ho detto:
"Non faccia così, altrimenti mi si spaventa e in ospedale non vorrà più metterci piede", e lui
"ah ma questa sarebbe una buona cosa, significherebbe che suo figlio sta bene" e io
"eh si, sarebbe proprio una bella cosa, magari!"
Ultimamente mi capita di dire o scrivere cose che vengono interpretate in maniera esattamente contraria a quello che volevo intendere. C'avrò Saturno contro, capita!
Fatto sta che il tecnico cambia completamente tono e inizia:
"si, perché la colpa non è dei bambini che giocano e si fanno male, la colpa è dei genitori che li portano subito all'ospedale per fargli fare esami inutili e dannosi, perché queste sò radiazioni, mica caramelle."
Giuro che ho pensato: "questo, o sta in astinenza da nicotina o è leggermente brillo" ma ho deciso di soprassedere però lui ha insistito:
"si perché i genitori sò contenti di portà i figli all'ospedale e se il medico gli dice -sta tutto a posto- loro ci rimangono male e pretendono la radiografia".
A quel punto ho perso la pazienza: "scusi ma non l'ho mica detto io al medico di fare la radiografia, sarei stata ben contenta di evitarla, ma se l'ha chiesta lui forse era necessario farla", a quel punto il medico radiologo alza gli occhi dal monitor e con sguardo comprensivo mi fa:
"purtroppo signora oggi spesso i medici prescrivono esami che potrebbero essere evitati per tutelarsi; è accaduto infatti che bambini nella situazione di suo figlio, dopo essere usciti dal P.S. senza aver effettuato radiografie si siano poi fatti male sul serio e i genitori siano tornati affermando che le lesioni non fossero state viste al primo accesso, lei capisce che una radiografia, in questi casi tutela il medico" e io:
"lo capisco ma questo non è un mio problema" e lui:
"in effetti no".
Dopo questo tentativo di distensione il medico si è alzato e se ne è andato in un'altra stanza e si poteva finirla lì invece il tecnico è tornato alla carica:
"i genitori di oggi sò tutti stupidi: non sanno riconoscere un problema serio da una stupidaggine" e io (tanto con me ce l'aveva):
"vede il fatto è che io non sono laureata in medicina e nemmeno in scienze infermieristiche e nel dubbio..."
"ma quale dubbio" incalza lui 
"forse suo padre quando lei era piccola l'ha portata in ospedale ogni volta che si è fatta male? E' che oggi a stì ragazzini gli date troppo spago".
"ah ecco" penso io "siamo difronte al classico modello pedagogico -cerca di non farti male sennò ti do pure il resto-, ma questo da dove è uscito oggi" ma invece dico:
"guardi che io in vita mia ho frequentato abbastanza ospedali da..."
"eh ma signora le esperienze nella vita possono rendere più intelligenti o più stupidi e nel suo caso..."
"...capire che sono ambienti da far frequentare il meno possibile ad un bambino ma tanto lei non ascolta quindi pensi quello che le pare".
Come è facile immaginare l'atmosfera si era fatta un tantino pesante e anche Matteo, nel frattempo sceso dal lettino, guardandomi preoccupato cercava di distogliermi dalla conversazione: "mamma abbiamo fatto? Ce ne possiamo andare, vero?".
"Si amore solo un attimo per mandare gentilmente a quel paese questo lavoratore pubblico indisponente e maleducato che pensa che io sia una madre degenere che proietta tendenze ipocondriache sull'incolpevole figlio"
"si amore non appena il signore ci autorizza".
"Ma si: vada, vada che non c'è niente come nell'ottanta per cento delle radiografie che vede qui" e, accompagnandoci alla porta: 
"io l'ho capito appena entrato che suo figlio non c'aveva niente, si vedeva da come camminava"
"le assicuro che due ore fa non camminava così"
 "eh vabbé"
Come volevasi dimostrare la radiografia era negativa; quando siamo tornati dalla sala radiografia il medico che aveva visitato Matteo non c'era: l'infermiera ci ha spiegato che l'aveva autorizzata a chiudere la cartella in caso di referto negativo, lui intanto stava visitando altri pazienti
"purtroppo deve pensare, da solo, ai codici verdi e a quelli gialli" e io, che avevo visto la sala d'attesa piena: 
"ma come fate a lavorare in queste condizioni?" 
L'infermiera molto seriamente e cordialmente (si vede che nel frattempo, Saturno s'era spostato) mi fa:
"che dobbiamo fare, signora? Lavoriamo più del dovuto e in condizione di forte stress. Io, quando torno a casa sono stanchissima e trascuro tutto, anche i miei figli; del resto, io devo riposare perché il mio lavoro richiede molta attenzione, non posso permettermi errori". 
Non ho trovato parole per rispondere, l'ho ringraziata e siamo tornati a casa
Anche il mio umore era nero e tale è rimasto per tutta la serata. La nottata, però, è peggiorato: avevo messo in preventivo la nottata in bianco ma perché era quella che precedeva il primo giorno di scuola di Matteo non pensavo che, invece, l'avrei passata ad interrogarmi sulle motivazioni che hanno spinto un perfetto sconosciuto ad aggredirmi gratuitamente.
Comunque dopo lunga analisi sono arrivata alla seguente conclusione:
il tecnico mi ha aggredito come ha fatto non perché sia un uomo interessato alla salute e al benessere dei bambini (lo dimostra la rudezza con cui ha trattato il suo piccolo paziente) nel qual caso avrei da rimproverargli solo il modo in cui si è espresso; no, il tecnico in questione era visibilmente scocciato dal dover affrontare una domenica di super lavoro per il fatto che il vicino ospedale aveva il reparto di radiologia bloccato. Probabilmente la rabbia del tecnico è aumentata quando ha realizzato che, se l'ospedale in questione venisse chiuso, non solo TUTTE le sue domeniche lavorative ma anche i giorni feriali, avrebbero potuto avere lo stesso ritmo.
Voi mi direte: "e tu che c'entravi?"
Io c'entro eccome perché va insinuandosi in molti italiani (tanto più in quelli che sono interni all'ambiente come il mio tecnico) la convinzione che se la sanità italiana in molte regioni non funziona bene è perché ci sono troppi sperperi: gente che assume medicinali come fossero caramelle, altri che, non sapendo come passare il tempo, intasano ambulatori e pronto soccorsi inutilmente, addirittura persone sane che, credendo nella prevenzione, vanno in ospedale ancor prima di ammalarsi! Naturale che poi le regioni non ce la facciano più e inizino a tagliare e chiudere.
Caro tecnico sei proprio sicuro che le cose stiano così?
A me risulta di no, infatti le spese sanitarie italiane sono inferiori alla media Ocse
fonte: http://ilmioblogdieconomia.blogspot.it/2012/12/liberismo-corrente-alternata-e-asili.html

e sono cresciute poco dal 2000 al 2010, rispetto ad altri paesi anche extraeuropei
fonte http://ilmioblogdieconomia.blogspot.it/2012/12/liberismo-corrente-alternata-e-asili.html

Dunque, carissimo, il tuo ragionamento non regge ma, siccome ti devo un favore (mi hai rovinato una giornata importante ma mi hai anche dato la possibilità di dimostrare a mio figlio cosa si deve fare quando qualcuno ci attacca in maniera ingiusta e gratuita), voglio fartene uno anche io:
tu hai detto che l'80% delle radiografie che hai fatto quel giorno erano negative; allora supponiamo che da domani questi esami scompaiano perché quelle persone, casualmente, sono tutte laureate in medicina, specializzate in ortopedia e affette da una mutazione genetica per cui posseggono la visione a raggi x. Insomma persone che possono fare a meno di recarsi in P.S.
Mi dirai "ma questa è fantascienza!", "ma questo non è il punto (e meno male per te)" ti risponderei, il punto è che se accadesse una cosa del genere il tuo lavoro si ridurrebbe dell'80% e se ciò succedesse anche ai tecnici delle altre tre sale radiologiche del tuo ospedale, avremmo un'utenza totale pari all'ottanta per cento delle utenze di una sola sala originale. 
Tu capisci che il direttore sanitario responsabile o l'assessore regionale alla sanità coscienzioso non potrebbero tollerare un simile spreco di risorse pubbliche.
Mi dirai: "ma io sono un dipendente pubblico!" giusto ma non so se te ne sei accorto: ultimamente si vocifera di abolizione dell'art. 18, di cambio di mansione, di obbligo di trasferimento entro 50 km, poi c'è il prepensionamento, rinunciando, va da sé, a straordinari e festività.
Vabbé, al limite, ci sono gli ambulatori privati anche se lì il datore di lavoro non gradirebbe un dipendente che si permettesse di dire la qualunque al paziente cliente.
Insomma carissimo tecnico l'idea che per salvare la sanità italiana bisogna tagliare è, come dire, densa di implicazioni non solo per i pazienti ma anche per i dipendenti.
"Allora" dirai tu "che fare?" e io, che in fondo sono una profana come te (anche se un tantino più lungimirante) ti rispondo con le parole di uno che di gestione di strutture ospedaliere se ne intende (tenendo in piedi ospedali d'eccellenza in tutto il mondo e finanziandoli solo con donazioni)


Non è tagliando che si risolveranno i problemi della sanità italiana, di chi ci lavora e di chi è costretto ad usufruirne. 
Fino a un po' di tempo fa consideravo i suoi colleghi degli eroi perché costretti a lavorare in condizioni difficili, oggi, francamente, li condanno: il loro lavoro è troppo importante perché possa essere svolto in condizioni di disagio; se commettono un errore le implicazioni potrebbero essere gravissime ergo hanno, avete, il dovere di rivendicare tutto quanto sia necessario perché il vostro lavoro venga svolto al meglio. 
Ma voi non lo fate, preferite lavorare male o sacrificarvi in maniera eroica. 
Ma questo paese è ormai fin troppo pieno di eroi laddove quello di cui avrebbe davvero bisogno è solo normalità.
Per finire la saluto con l'augurio che sempre rivolgo agli operatori sanitari che mi trattano male:
"se ti sentirai male e ti recherai in ospedale quando sarai in vacanza, lontano chilometri e chilometri dai tuoi amici e colleghi, ti auguro buona fortuna, ne avrai bisogno."


Addendum del 01/10/14: non sono io che sono pessimista, è la realtà italiana che funziona così perché non c'è più un euro, ma tagliare AUMENTA i problemi di dipendenti e pazienti:
guardate qui 





venerdì 5 settembre 2014

Al mare (la "bella gente")

Ci sono cose che accadono con frequenza decennale, le vacanze in casa camp sono una di queste e, quest'anno, l'evento si è verificato: siamo stati al mare, una settimana, giusto il tempo di scurirci un po' (al ritorno c'è stata gente che non mi riconosceva), in una casa in affitto (in albergo ci andremo quando saremo in pensione). 
Nonostante io non ami particolarmente il mare (mi viene sempre un po' difficile abituarmi a questo speciale ambiente carnevalesco che è la spiaggia) siamo stati bene, ci siamo divertiti e con un'altra settimana ci saremmo pure riposati ma il budget era esiguo e le ferie al termine. 
Matteo ha un rapporto col mare che ogni volta mi stupisce: sembra ci abbia vissuto dalla nascita, non si spaventa quando è agitato, non lo ferma l'acqua fredda, non è minimamente impensierito dal non saper ancora nuotare: deve aver ripreso da papà camp!
E sentirlo gridare "sono il bambino più felice del mondo!" non ha davvero prezzo!
"Ma" direte voi (che ormai mi conoscete) "dove sta il ma?".
Il "ma" c'è e consiste nel fatto che le vacanze o si fanno in posti sconosciuti o in posti noti abitati da gente cui si vuole bene. Personalmente propendo per la prima ipotesi: vivere, anche pochi giorni, in un posto dove nessuno ci conosce è estremamente rilassante, ci si sente più leggeri, si può giocare a fare gli "altri", si guarda in faccia la gente senza porsi il problema di interessarsene. Questa si che è vacanza!
Invece noi abbiamo scelto di cercare casa in una località di mare frequentata molti mesi l'anno da mia cognata e dal suo compagno vuoi perché ci hanno aiutato a trovare la dimora, vuoi perché per Matteo mare = zia, che gli anni passati l'ha spesso ospitato.
Mia cognata e il suo compagno sono stati deliziosi: hanno trovato del tempo per stare con noi, pur non essendo in ferie, si sono dedicati a Matteo (è una fortuna avere una zia come mia cognata) e ci hanno dato una serie di consigli su usi e costumi del posto.
Tuttavia, probabilmente in un eccesso di ospitalità, hanno commesso una gentilezza di troppo presentandoci alla "bella gente" che un po' per lavoro, un po' per piacere sono soliti frequentare.
Cosa intendo per "bella gente"?
Trattasi della elite occupante i più bei lidi del luogo,
sempre bella (ché la bellezza se non ce l'hai ormai la puoi pure comprare),
sempre allegra (ché i soldi, si sa, non fanno la felicità ma aiutano parecchio nel trovarla),
sempre in affari (nonostante la crisi dilagante o forse proprio grazie ad essa) ché un buon investimento non bisogna mai farselo scappare (non c'è vacanza che tenga),
sempre ben fornita di sorrisi di circostanza e risate (rigorosamente a denti stretti) da distribuire anche a noi, visibilmente di un altro livello sociale.
Potrei continuare ma credo di essermi spiegata tanto più che già solo a considerare le qualità fin qui elencate a me è venuta l'orticaria.
Mamma mia che disagio con i miei costumini vecchi di dieci anni (seppur in buono stato per il minimo utilizzo), le mie mises vero radical chic e la mia totale impossibilità di partecipare a scambi di opinione su mete turistiche nazionali e internazionali alla moda!
Vabbè: avranno pensato (non discostandosi troppo dalla realtà) "questa qui è un po' asociale" ma rimane il fatto che a me 'sta "bella gente" m'ha rovinato le vacanze: io che ancora speravo che quando la crisi fosse arrivata a colpire questa tipologia di persone, le cose sarebbero cambiate iniziando ad andare per il verso giusto, ho potuto verificare che questo non accadrà mai. La "bella gente" non è minimamente lambita dai venti di crisi che sferzano la "pora gente" e anche se lo fosse, non ha la minima preoccupazione essendo in essa radicata la convinzione che, ciò che ha, se l'è guadagnato, faber est suae quisque fortunae" e tanto peggio per i mediocri e (appunto) per gli sfigati.
In questa gente non c'è pietà, non c'è solidarietà solo un minimo di disagio estetico per le masse di vacanzieri che affollano le spiagge amene coi loro pranzi al sacco e gli ombrelloni da balcone.
Hai ragione tu, papà camp, "sei più signore tu di tutti questi imballati di soldi che non sanno più che farsene e che, tuttavia, evadono le tasse per principio" (sono felice che tu me l'abbia detto prima che io te lo dicessi, anche se l'ho sempre pensato) e ti ringrazio per avermi regalato questa vacanza ma l'anno prossimo, se dio vuole, la meta la decido io.






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