domenica 22 giugno 2014

Se questo è un lavoro

Anche se l'ultima volta non mi ha portato fortuna, ho da darvi una notiziona:

STO LAVORANDO!

Ma siccome sono un pochino scaramantica, vi do il lieto annuncio a pochi giorni dalla scadenza del contratto.
Le cose sono andate così: si era in febbraio e una sera mi chiama mio fratello (un uomo che per me è più di un fratello, difatti è anche un cugino) che fa l'autista di scuolabus, e mi chiede se potevo dargli una mano dal momento che l'assistente che lavorava con lui aveva bisogno di qualche giorno di stop per un'improvvisa malattia che aveva colpito sua madre. Più per fargli un favore che per altro, accetto; purtroppo le condizioni di salute della signora si sono dimostrate più gravi del previsto e la ragazza si è licenziata, dunque io ho preso il suo posto.
Funziona così: sveglia alle sei e un quarto, alle sette si parte e si inizia il giro dei bambini delle elementari. Io li aiuto a salire, vigilo che non si arrampichino sui sedili, che non inscenino incontri di pugilato, che non mangino (il soffocamento è una delle prime cause di morte tra i bambini), soccorro i malati e gli affetti da improvvisi malesseri (per lo più di natura psicosomatica) e, infine, li consegno a scuola sani e salvi. Quindi si ricomincia coi bambini della scuola dell'infanzia. Il tutto dura circa due ore. Poi torno a casa, dove mi aspettano le consuete attività domestiche, e riparto alle 13 per le elementari e alle 15 per l'asilo. Alle 16.30 circa ho finito. Amen.
Detta così è l'attività perfetta ma c'è qualcosa che mi sfugge, cos'è?
Ah si: Matteo!
Dio benedica le nonne delle mamme lavoratrici (anche part time)!
Non avrei nemmeno potuto pensare di lavorare (neanche part time) se non ci fosse stata mia madre ad occuparsi di Matteo. E così, mentre io ogni mattina do il buongiorno a circa sessanta bambini, lei lo dà all'unico a cui io vorrei sinceramente augurarlo. Per non parlare dei giorni in cui il piccolo è stato male, di quelli di chiusura dell'asilo, di entrata posticipata o di uscita anticipata: un vero percorso a ostacoli!
Giustamente Matteo all'inizio era scettico:
"Mamma perché vai al lavoro? Rimani con me."
"Amore ma mamma va al lavoro per guadagnare i soldini."
"Ma tanto se vai sul pulmino i soldini non te li da nessuno."
"Ma no amore, ti sbagli."
"No mamma: perché io ci vado tutti i giorni sul pulmino e a me i soldini non me li da nessuno."
La ferrea logica dei bambini.
Ma procediamo con ordine.
Dopo un mese di prova sono riuscita ad estorcere ottenere un contratto.
Tipico contratto part time, capolavoro di insigni giuslavoristi, politici e sindacalisti che dormiranno sonni tranquilli convinti di aver garantito un minimo di tutele a lavoratori che altrimenti non sarebbero stati tali o, al più, avrebbero lavorato in nero.
Bello davvero questo contratto se solo fosse tutto vero quello che c'è scritto. Nella realtà si finisce per andare a lavorare anche con trentanove di febbre e ad essere pagati solo per le ore effettivamente lavorate. Da questo punto di vista i mesi di aprile e maggio, tra festività, ponti, elezioni e gite scolastiche, sono stati un disastro.
Però intanto con questo "lavoro" perderemo le detrazioni per il coniuge a carico avendo io superato la fatidica soglia di 2840,51 euro di reddito LORDO annue.
Cose da pazzi, tanto vale lavorare in nero, simulare (ma neanche tanto) una condizione d'indigenza e ricevere il "giusto" sostegno standosene comodamente a casa!
Lavorare stanca e, nel mio caso, non paga.
Infatti aveva ragione Matteo, nella sua ignara ingenuità: ad oggi ho ricevuto solo un "acconto" pari a neanche due mensilità.
Mi dico che, nella mia situazione, non ho niente da perdere, a parte la fatica, e che comunque bisogna accontentarsi. Mi sembro la versione "italiana" della convintamente rassegnata Veronica


del resto cosa posso rimproverare al mio "donatore di lavoro": tra la concorrenza spietata, le tasse, la manutenzione dei veicoli, i ritardi nei pagamenti, le spese per i carburanti è chiaro che le retribuzioni dei dipendenti sono l'ultimo dei suoi problemi.
Sta di fatto che, come dice mio fratello (scapolo), "se uno con un lavoro del genere dovesse camparci una famiglia, starebbe fresco!".
Io posso permettermi di aspettare (perché il datore di lavoro di mio marito ancora ce la fa a pagarlo, anche se poco, ogni mese) e debbo aspettare, ché tanto c'è una fila così di gente che aspira a sostituirmi. Difatti, nonostante siano tutti soddisfatti di me, a settembre al mio posto ci sarà un'altra persona. Sarebbe un po' lungo spiegarvi perché, ma è sicuro.
Ecco, carissimi, vi ho appena illustrato, con parole semplici, quella che in economia si chiama "svalutazione interna" e che, dal momento che mi preme molto voi capiate quali cause e implicazioni abbia, vi chiarirò usando le parole del prof. Alberto Bagnai, autore del libro "Il tramonto dell'euro" che vi invito caldamente a leggere, nonché animatore del blog "goofynomics" che, pure, vi invito a seguire:

"Supponiamo che dagli Stati Uniti arrivi una raffica: la recessione globale. L'esempio non è scelto a caso: è quel che ci è capitato appena quattro anni fa. Cala la domanda mondiale, e quindi un Paese X vede diminuire le esportazioni (dall'estero comprano di meno), e si trova in deficit di partite correnti.
A questo punto i casi sono due: se il cambio è flessibile, si svaluterà naturalmente. Se invece il Paese ha un cambio fisso, l'aggiustamento è più doloroso e soprattutto più lento. Il calo della domanda estera, infatti, non può essere contrastato da un rapido adattamento del cambio. Dato che ora il prezzo della valuta è fisso, l'aggiustamento incombe sui prezzi dei beni, che sono più rigidi verso il basso, per un  preciso motivo: per diminuire i prezzi, occorre tagliare i costi, e in primo luogo quello del lavoro, cioè i salari. E' quella che oggi si chiama "svalutazione interna": la svalutazione del salario, alla quale è giocoforza ricorrere quando non si può svalutare il cambio.
Avrete intuito quale sia il metodo per far accettare questi tagli: reprimere diritti e garanzie dei lavoratori, in particolare aumentando la "flessibilità in uscita", grazioso eufemismo che indica la facilità di licenziare. Questa serve ad aumentare la disoccupazione, in modo che anche sul mercato del lavoro entri in gioco la legge della domanda e dell'offerta. Quando le persone che si offrono di lavorare sono molte più dei posti disponibili, i salari calano. Ma con il taglio dei salari cala la domanda interna, calano i redditi, e con la caduta dei prezzi, il valore reale dei debiti da rimborsare cresce. Del resto, la deflazione fa sì che il debitore guadagni di meno (tagli dei salari), ma non riduce l' importo contrattuale del debito, che quindi diventa più oneroso a mano a mano che l'aggiustamento va avanti. Questo vale anche per il governo, che a causa del rallentamento dell'attività economica vede ridurre le entrate fiscali e aumentare le uscite, ed è costretto a infierire con nuove tasse per mantenere i conti in equilibrio, il che, ovviamente, non migliora la situazione dei debitori privati.
Vi ricorda qualcosa? Si, è proprio  la stagdeflazione della quale parlava Roubini (2006). Stagnazione, perché l'economia rallenta; deflazione, perché prezzi e salari scendono. Perché succede? Semplicemente perché l'aggiustamento dei prezzi e dei salari, che dovrebbe rilanciare la competitività e far ripartire l'economia grazie alla domanda estera (esportazioni), uccide la domanda interna prima di riuscire a rilanciare quella estera. Questo è ciò cui stiamo assistendo nell'Eurozona, e il legame con  la rigidità del cambio dovrebbe essere abbastanza evidente.
Ecco, ora lo sapete: le leggi economiche non possono essere represse impunemente. Se sopprimete la legge della domanda e dell'offerta nel mercato valutario, inseguendo il sogno della stabilità del cambio, poi dovrete lasciarla agire sul mercato del lavoro, dove si presenterà come incubo della disoccupazione, o dell'emigrazione."
A. Bagnai, "Il tramonto dell'euro", Imprimatur, 2012, p.p. 79, 80.

Ecco uno dei motivi (magari fosse il solo) per i quali ce l'ho tanto con l'euro e perché vorrei che si diffondesse la consapevolezza generale che l'euro non è solo una moneta ma una precisa modalità di gestione economica e politica di un'intero continente, che sta portando ampie fette di popolazione sull'orlo del baratro.
A quelli di voi che stanno pensando che sono catastrofista ricordo che sono in buona compagnia, come i risultati delle scorse elezioni europee dimostrano, magari siete voi ad essere un tantino fuori dal mondo, pardon, dall'Europa.
Vi prego, per me e per voi, informatevi lasciando da parte i vostri pregiudizi: ne va del vostro benessere e di quello dei vostri figli. 
Di questo passo, un giorno, neanche troppo lontano, potreste essere voi a dire "se questo è un lavoro" e sareste ancora delle persone fortunate, perché potrebbe anche darsi il caso che il vostro lavoro lo perdiate. 
Questo è quello che sta accadendo, ogni giorno, a centinaia di italiani, questo è un destino che l'Italia non merita e che possiamo cambiare a patto di iniziare a guardare la realtà in maniera diversa, più pragmatica e realista.
Proviamoci.


4 commenti:

  1. Io non sono anti euro ma sono d'accordo con quanto hai trascritto. In particolare, comunque, sono dispiaciuta che la tua attività lavorativa si interromperà... e sono ancora più dispiaciuta se penso al motivo per cui ciò accadrà...
    Credo però ti rimarrà almeno il ricordo di una bella esperienza... non è molto ma è pur sempre meglio che niente...
    cerca di non prendertela, ok?

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  2. Cara Plotina se sei d'accordo allora leggi il libro o fallo leggere a tuo marito ché tu sei molto impegnata con la tesi, è importante, davvero.
    Non me la sono presa affatto anzi: sono stata fortunata ad aver potuto lavorare un po' però sono arrabbiata perché così non si può andare avanti.
    Si, è stata una bella esperienza: c'era un mondo intero in quello scuolabus!
    A presto

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  3. Come dice Veronica, il lavoro 'mobilita' l'uomo, in tutti i sensi: perché ti sposta a destra e a sinistra, dove vuole lui, perché ti allontana da dove vorresti essere, perché a volte, di rado, ti avvicina (ad esempio, al piccolo universo come può essere quello della realtà di un pulmino). Una cosa è certa: che il lavoro non nobilita più, perché si parte dall'impostazione assurda voluta dal cosiddetto 'donatore di lavoro', cioè di colui che ti concede di lavorare e che, grazie a questo dono, fa di te un privilegiato, laddove i privilegi del miracolato sono sempre più diradati, mentre i vantaggi del donatore sono sempre più consistenti.
    Dipendesse soltanto da me, tornerei alla zappa, alla semina e al frutto e manderei a quel paese i magnanimi e tutti quelli che si descrivono tali.

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  4. Caro Cristiano io alla zappa, alla semina e al frutto non ci tornerei affatto, sarà che è un mondo che in parte conosco e ti posso dire che, nemmeno lì, è tutto rose e fiori, anzi.
    Non credo nemmeno che i "donatori" siano i responsabili e comunque i beneficiari di ciò che sta accadendo al mondo del lavoro italiano; certo, anche se continua a lamentarsi e a dire che non ce la fa più, il datore di lavoro di mio marito quest'estate andrà in vacanza all'estero con tutta la famiglia ma oggettivamente, neanche lui è contento che la metà di quello che sborsa per il lavoro di mio marito vada allo stato.
    Del resto tu lo sai come la penso e magari il libro di Bagnai l'hai già letto e allora, me lo fai un grande favore?
    Io so che tu sai, potresti sollevare il dibattito con chi ti è vicino?
    Qui davvero ci vuole una rivoluzione culturale perché, pian pianino, ci stanno defraudando dei diritti fondamentali, nel silenzio generale.
    Pensaci.

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Ma dai, sei arrivato fin qui!!!?
Allora su: fai un altro sforzo...

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