"Attenzione a ciò che desideri...potrebbe avverarsi!"
Appunto: sono stata mesi a pensare a quando finalmente Matteo sarebbe andato all'asilo e adesso che ci va, mi domando cosa ci sia di tanto desiderabile in questo allontanamento semi coatto.
Dunque: lui sembra abbastanza entusiasta e solo oggi (seconda settimana di frequenza, sesto giorno di separazione) è voluto venire in braccio e non voleva lasciarmi andare, al momento di entrare. Per questo mi è stato concesso di accompagnarlo fino all'aula dove una maestra l'ha accolto tra le sue braccia mentre la collega mi invitava rassicurante ad allontanarmi con nonchalance. Fortuna che sulle scale ho incontrato Lola la "cuginetta, amichetta, bimba come me" di Matteo e mi son detta -dai, dai esci di qui e pensa ad altro-.
Sembra facile, ma mica lo è. Io sto sempre a pensare a Matteo. Al fatto che sta vivendo "l'incontro col gruppo dei pari", un evento che sta alla sua crescita sociale come il primo passo sta a quella fisica, e a me non è permesso assistervi.
Che rabbia che ho dentro! Verso le maestre soprattutto che pensano di risolvere le materne apprensioni con un "è stato bravissimo, non si è visto né sentito" mentre proprio con frasi del genere aumentano l'apprensione di un certo tipo di genitori, genitori che invece, quando si tratta dei loro figli e della loro crescita, non si fidano di nessuno, vogliono vedere con i loro occhi un po per senso del dovere e molto per piacere. Ecco perché io, queste maestre, le invidio, anche. Quanti sorrisi mi sto perdendo? E quali entusiasmi? E quale giallissimo dipinto avrà fatto Matteo venerdì, che il suo grembiulino era tutto macchiato?
Che rabbia che ho dentro! Verso la Scuola italiana che sulla carta è tutto un "cooperazione scuola-genitori", "offerta formativa" "armonizzazione dei vissuti infantili" ma poi quello che arriva ai genitori è "sbrigati ad uscire da qui ché noi abbiamo da lavorare anzi no, non entrare proprio che a tuo figlio ci pensiamo noi".
Io questa cosa la sto vivendo come una violenza, una specie di abuso di potere legittimato da convinzioni pedagogiche vecchie e discutibili. Nel paese che ha dato i natali alla Montessori. Che tristezza!
Io su questa cosa ci sto riflettendo seriamente: sto elaborando un progetto che sottoporrò alle maestre prima e, se riesco a convincerle, al direttore didattico il cui intervento è necessario poiché dovrebbe introdurre una modifica al regolamento di istituto.
E' molto semplice: si tratterebbe di permettere a due di genitori di altrettanti bambini di entrare in classe un giorno a settimana (preferibilmente il venerdì) durante gli ultimi trenta minuti di lezione, per soli dieci minuti e di poter passare questo tempo in classe coi loro figli. Si avrebbe così la possibilità di vederli all'opera nell'ambiente della classe, in interazione con i compagni, con oggetti e regole diverse da quelle di casa. Il bambino avrebbe la possibilità di dire "guarda mamma/papà che cose importanti faccio mentre sono lontano da te". Si darebbe ai piccoli la possibilità di sperimentare che quelli che per loro sono estranei, per altri sono persone significative e amate, cosa che spesso i genitori fanno fatica a comunicare ai propri figli. Nella migliore delle ipotesi ci si potrebbe avvalere della professionalità delle maestre per sottoporre dubbi e domande per i quali sembra non ci sia mai tempo. Chiaramente i genitori ospiti non dovrebbero mai intralciare l'attività di maestre e bambini né imporre la loro presenza agli altri piccoli. Chiaramente ci sarebbe un registro da firmare per garantire la "rintracciabilità" degli ingressi.
Insomma sto cercando di pensare a tutti gli aspetti logistici e soprattutto alle possibili obiezioni. E, più articolo, più mi viene il dubbio che l'unico, insormontabile scoglio sarà: -signora ma perché dovremmo creare tutto questo trambusto?-.
Infatti perché? Si fa prima a pensare che sono i genitori quelli capricciosi, che devono imparare a fidarsi e ad affidare i loro bambini, che inizia adesso la dolorosa accettazione dell'alterità dei loro figli, che le cose son sempre andate così e che motivo c'è di cambiare.
Ok lo concedo: l'unico motivo è l'amore di un genitore per suo figlio, il suo volersi sentire chiamato in causa personalmente e predominantemente in ogni aspetto della sua vita; sarà poco e poco importante ma loro dovranno concedere a me che un genitore felice mette in moto potenzialità incalcolabili in un bambino, e questo paese ha bisogno di grandi bambini.
Io ci provo.